Bilico, un’esposizione d’arte contemporanea per l’avvio del Nuovo Spazio di Casso come motore creativo per il territorio.

a cura di Gianluca D’Incà Levis

Nuovo Spazio espositivo di Casso

15 settembre/28 ottobre 2012

Inaugurazione sabato 15 settembre ore 17.00, ex scuola elementare di Casso.

Artisti:

Matteo Attruia

Michele Bazzana

Ludovico Bomben

Luca Chiesura

Dimitri Giannina

Ericailcane

Gabriele Grones

Kabu

Tiziano Martini

Il Moro e il Quasi Biondo

Derek Rowleiei

Mario Tomè

Jonathan Vivacqua

Bilico è la prima esposizione d’arte contemporanea che Dolomiti Contemporanee realizza nel

Nuovo Spazio espositivo di Casso, l’ex scuola elementare della frazione, che il prossimo 15

settembre riaprirà, dopo quasi 50 anni dalla tragedia del Vajont, con un’idea nuova, che guarda al

futuro.

L’arte contemporanea rappresenta un’opzione vitale, che si oppone alla stagnazione ed all’inerzia

che talvolta avviluppano e imprigionano i luoghi segnati da eventi gravi.

In Bilico, alcuni concetti tradizionali, legati all’ambiente ed alla cultura della montagna, vengono

declinati e rivisitati criticamente: lo sguardo contemporaneo fornisce uno stimolo rinnovativo, che si

oppone all’uso stereotipo delle specificità, che sono risorse.

Il titolo di questa prima mostra prende origine dalle caratteristiche, fisiche e storiche, di questo sito

particolare. La frazione di Casso, così arroccata, su un versante inclinato, sembra già in sé stessa

un luogo in bilico, dall’equilibrio instabile. Un luogo sospeso, nello spazio, e anche nel tempo.

Sospeso tra l’oggi, e la necessità di immaginare un domani plausibile, tra il futuro e il passato,

segnato dal terribile evento del ’63. Anche nella propria storia, Casso è dunque in Bilico. L’edificio

dell’ex scuola elementare, sembra riprendere oggi, nell’architettura rinnovata, questo tema, questa

difficile ricerca d’un equilibrio, e di un’identità che non corrisponda solo alla memoria della tragedia,

che nessuno può e vuole dimenticare, ma che non deve divorare il presente.

Il Nuovo Spazio di Casso è un’occasione, di riflessione, d’azione, per questo luogo, da questo

luogo.

Bilico è la prima mostra che viene realizzata in questo spazio, che riapre stabilmente, con un

progetto che vuole farne un Centro per la Cultura Contemporanea della Montagna. Il progetto

quindi va al di là della presente esposizione inaugurale: nei prossimi mesi, verrà costruita l’identità

del Nuovo Spazio espositivo di Casso, e si inizierà a lavorare alla programmazione dei prossimi

eventi.

Concept in Bilico

Lo Spazio Nuovo di Casso, nuovo perchè viene a portar via il vecchio, in un furore intelligente, e

rifiuta il mutismo paralizzante della lapide, unica pietra, la lapide, rimodellata sterile (non si

scalano, le lapidi).

Uno spazio introverso, martoriato il perimetro, da quel fiume che schizzò su, 49 anni fa, spazio che

sembra chiudersi dentro, un bunker dall’esterno, quasi un’architettura militare, carroarmato, i muri

grigi, la calotta calata sopra (ma c’è il ponte, che non è un cannone). Ma lo spazio interno, sottile

membrana invece da dentro, bianca cavità dai muri sottili, messo lassù, arroccato, tra cave e

falesie e prati scoscesi, 14 soli abitanti rimasti, su questo alto confino, spazio che si proietta fuori

d’impulso, si difende dalla sua storia e dai segni indelebili, spazio che è trascinato fuori da una

forza fossile latente traente, calamitato, verso Sud, da quel taglio immane, la linea netta di distacco

del Toc, linea di piano inclinato incisa con più forza ancora della linea verticale della diga, che sta

sotto, che viene dopo, che, dallo spalto, pare secondaria, e dai grandi vetri dentro pure, scavalcata

da questa inevitabile proiezione frontale, panica, della terrazza sospesa, un sistema di

caricamento e puntamento, che guarda al disegno inciso della frana, comedipinto e grafico, è

quello, sasso snudato, liscio cuore scoperto, levata via la pelle verde, uscito di sotto l’osso bianco

morso dal sole, a far muto e sospeso tutto lo spazio formidabile attorno, il dominio riflessivo del

silenzio, l’orecchio girato al vento, a catturarlo, come se l’onda fossile potesse tornare, orecchio

teso a catturarla, anche senza volerlo, e si respira a fondo, lì sopra, dal ponte, e si può sorridere

anche, i pontili sono luoghi di partenze e ripartenze, si può sorridere piano, quando si pensa al

nuovo, che può venire, che viene, che sale.

Quest’attesa, e quel moto da sotto, di terra instabile. E tutta una teoria di equilibri, e disequilibri

soprattutto, che si prendono e incrociano e innestano, e fan vacillare le ortogonalità e le

stereometrie e l’impatto volumetrico statico del Nuovo Spazio, che si muove. Disequilibri e

disassamenti e ripartizioni di carichi e disallineamenti ed eccentricità e verticalità in traslazione e

slittamento.

L’equilibrio problematico è un bilico. La crisi viene da un movimento, che scaccia la stasi, e porta

un vento.

Salire, scalare, arrampicare, scivolare, cadere, precipitare, delle pietre, dei pensieri, degli uomini,

che sono i pensieri, in atto. Pratiche, e azioni (dal pensiero), che comportano perdita, ricerca,

allontanamento, scostamento, distacco, arbitrarietà. Ogni azione creativa è un’obiezione,

innaturale, antiorganica, alla stabilità, all’equilibrio, alla ripetizione dei processi, alle coazioni

naturali, all’autonomia indifferente di natura e paesaggio. Venire a turbare gli equilibri, a mettere in

gioco i significati. Cos’è altrimenti l’agire, e l’agire artistico? Azione confortante d’ornamento e

decoro? Ogni azione creativa è critica. E’ reattiva. E’ rifiuto e abbandono dello stato di quiete. E’

guerra. E’ una gamba sola, che scarta. E’ bilico.

La stessa attesa, nel silenzio del ponte, non è statica. L’attesa è uno scompenso proiettivo e

l’ansia, o la memoria, o l’attenzione, per un momento, d’un eco. E la memoria del moto stesso, che

scosse e portò giù. E poi vengono tutti gli altri modi e modelli del disequilibrio, che qui si avvolgono

gli uni sugli altri, a moltiplicarsi, in questo immobile vortice di Casso. Il bilico, l’instabilità, che è

incertezza, e come tale, anche, nuova possibilità, possibilità del nuovo.

Il rifiuto d’inerzia porta questo scompenso, porta, in qualche modo, un assoggettamento alla

gravità, che è un innesco.

Chi sale cade, può cadere.

Le pareti, il salire, lo scendere, il precipitare, il porsi sulla soglia, il travalicare la soglia.

Lo spazio stesso muove, eleva o precipita: lo spazio nuovo, aperto e libero. Ma libero da cosa? I

vincoli; la storia, lo spazio stesso, che libera e guida, muove e costringe, fa sgorgare e condiziona.

Ma prima, la stessa prospettiva dell’uomo, e del senso del suo essere, non è che bilico: l’equilibrio

tra la realtà di ciò che c’è, o che dovrebbe esserci, e l’interpretazione soggettiva di chi ne ha

coscienza, una coscienza che entra nel processo di rappresentazione, di definizione, della realtà

stessa della cosa, che contribuisce a fare la cosa, che è la cosa (perlomeno da Berkeley in poi).

Sebbene i valori siano sempre oggettivi, altrochenò, un’algebra, soprattutto estetica, altrochegusti,

quelli sì sono equilibri equivocabili, fragili, friabili.

L’ex Scuola elementare di Casso è un luogo speciale, ultrasensibile, supercaratterizzato, vincolato

al tempo (ad un tempo) e perciò fuori dal tempo e imprigionato a quel tempo ed a quella storia

particolare, sì, ma solo in parte: solo in parte contenuto nei segni rimasti.

Bisogna scostarlo, muoverlo. Rialimentare il bilico. C’è un’altra parte, ora, da fare.

Dentro all’edificio (e fuori, per proiezioni) c’è il vuoto, bisogna fare un altro vuoto, per poter

respirare quell’esterno. Navicella. Non per niente abbiamo quella grafica; 2001: il monolito a secco,

a scalar via l’odissea, per verticali.

 

 

 

Nuovo Spazio espositivo di Casso

Via Sant’Antoni n.1

33080 Casso (Erto e Casso – Pn)

Info:

info@dolomiticontemporanee.net

press@dolomiticontemporanee.net

tel. +39 338 1492993

Orari:

dal martedì alla domenica

10.00-12.30/15.00-19.00

Simone Fagioli

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